Un po' di pazienza
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GMP ATELIER RIBO 2024 48
Story

La rinascita del Sacré-Cœur

Rinascere a nuova vita. È in fondo questo il senso del messaggio cristiano. E a Ginevra a rinascere è stata proprio una chiesa. Distrutta da un rogo, che nel 2018 l’ha completamente sventrata, l’Eglise du Sacré-Cœur era il punto di riferimento per la comunità cattolica nella città culla del calvinismo. Dopo sei anni, nel giugno 2024, è tornata ad ospitare i fedeli. La sua nuova vita è una vita nuova, poiché l’architettura ha ripensato gli spazi in cui la comunità di credenti può ritrovarsi ed evolvere. Ne parliamo con l’architetto Christian Rivola, direttore e fondatore di atelier ribo+ di Cadenazzo, lo studio che ha ideato e sviluppato l’innovativo progetto.

Il nuovo Sacré-Cœur non è più soltanto un edificio di culto: sacro e profano possono convivere in architettura?

“L’incendio del 2018 ha creato delle condizioni straordinarie per porsi delle domande sul come riattivare un patrimonio immobiliare e culturale in prospettiva del domani. Il centro del ragionamento è stata una riflessione, stimolata dalle parole di Papa Francesco, su come la Chiesa può avvicinare e riavvicinare la gente al sacro. La risposta è stata quella di aprire le porte anche ad attività complementari a quelle liturgiche. Il catechismo va visto nella sua valenza universale, perciò abbiamo pensato a spazi didattici non solo per le tematiche religiose ma per confronti a più ampio respiro. La sala delle feste proietta il momento delle cerimonie, come battesimi, matrimoni e funerali, alla convivialità del dopo e può ospitare anche team aziendali e altri gruppi di persone che vogliono trascorrere momenti insieme. Da qui è venuto naturale pensare anche a un luogo dove bere e mangiare che si proiettasse all’esterno, ed ecco l’area bar-ristorante è diventata un punto d’attrazione nei confronti della piazza. L’incendio è divenuto l’occasione per aprire a nuove possibilità, un bruciare per rinascere. In questo modo, l’architettura diventa scenario ideale per svolgere attività complementari tra loro, dinamizzandosi viceversa, anche grazie al fatto che oggi, la struttura è tutta attiva e viva. Mentre in passato, quasi la metà del volume, era spento e passivo.”

 

È un modello replicabile?

“La visione iniziale, divenuta poi progetto concreto, ha destato un grande interesse tra i religiosi, e non solo, che trovo sorprendente. C’è stata grande attenzione da parte dei media, sin da quanto si è saputo della costituzione di un gruppo di progetto pilotato da un atelier ticinese. Al Sacré-Cœur c’erano delle caratteristiche particolari. La struttura realizzata nel 1859 era quella di un tempio, l’incendio ha modellato il volume interno aprendo le porte a una ricostruzione meno vincolata. Perciò i concetti sono certamente replicabili, ma in ogni situazione va valutato il preesistente per potere integrare il rinnovamento in modo armonico. Esistono comunque casi analoghi di chiesa polifunzionale: a Basilea è ospitato un bar letterario, a Cambridge una sala espositiva. Il tema è di forte attualità, poiché esiste un patrimonio ecclesiastico da tutelare ma anche da rivitalizzare. Nel caso del Sacré-Cœur vi è stata anche la disponibilità di un budget adeguato: 25 milioni e mezzo di franchi grazie al finanziamento dell’assicurazione e le donazioni delle Fondazioni e di molti privati. Abbiamo però pensato a un modello di struttura che fosse anche economicamente sostenibile nel tempo, garantendo un reddito immobiliare da alcune delle funzioni presenti, così da eliminare la dipendenza dal sostegno economico dei religiosi.”

 

Dal punto di vista progettuale quali sono stati gli elementi sui quali vi siete focalizzati?

“La facciate erano rimaste pressoché intatte. Perciò sul perimetro esterno si è operato in modo conservativo e valorizzante. All’interno abbiamo invece lavorato sulla relazione tra cielo e terra, sul rapporto uomo e spiritualità. Abbiamo lavorato sulla luce naturale con vetrate incastonate nel tetto. È stato un progetto che ha visto impegnati, in particolare, oltre a me gli architetti di ribo+ Sara Anzi e Simone Izzo. In questo modo l’edificio viene scolpito dall’alto dalla luce che nel suo percorso di riflessione anima di nuova vita l’interno. Per i materiali abbiamo scelto di Impiegare la materia della tradizione, come pietra, legno, intonaco, per dare un senso di naturalità ma anche di ricercatezza. I marmi vengono da Carrara e sono grigi, bianchi e gialli, ispirati ai colori della Basilica di San Pietro in Roma.”  

 

Come mai siete stati scelti? Perché da Ginevra si sono rivolti a uno studio ticinese?

“Siamo stati chiamati nel febbraio 2020, all’epoca il celebre architetto parigino Jean Marie Duthilleul, chiamato quale consulente, aveva dato alcune linee guida in favore dell’organizzazione dello spazio chiesa, grazie alla concezione di un nuovo asse liturgico dove l’interazione tra religiosi fosse completamente ripensata. Da quell’input siamo partiti lavorando intensamente. Penso che la scelta sia caduta su di noi per due motivi principalmente. Il primo è che a Bulle, nel Canton Friburgo, abbiamo concepito a riconversione dell’Halle Landi, padiglione dell’esposizione universale di Zurigo del 1939, poi trasferito a Bulle e utilizzato per molti anni dall’esercito. Ora è diventato punto di riferimento e di incontro per il nuovo quartiere Jardins de la Pâla. L’altro motivo penso sia il fatto che il Ticino è un cantone a prevalente religione cattolica; perciò, ha una lunga tradizione nella costruzione di chiese, tradizione rinverdita da un maestro dell’architettura contemporanea, anche del sacro, come Mario Botta.”

 

Cosa si porta a casa da quest’esperienza?

“Ricordo con emozione la prima visita dell’edifico, siamo arrivati sul tetto. Suoni della città in lontananza, uccelli che volavano e assenza di vita umana. Ho pensato: questa è una pausa nella storia dell’edificio. Poi, a fase di progetto avanzato, ricordo il grande entusiasmo che ho percepito nella comunità di Ginevra. L’architettura non può prescindere dall’estetica, ma ha il suo senso se riesce a creare le condizioni ottimali affinché società e ambiente possano svilupparsi in equilibrio. Le Sacré-Cœur vuole essere una fonte di energia per il cambiamento del nostro modo di vivere le relazioni nelle città. Perché credo che tutta l’architettura porti con sé l’dea del sacro.”

 

Il Sacré-Cœur di Ginevra è tornato a battere a un ritmo nuovo, segue il tempo del futuro, suona l’armonia della speranza, ascolta le voci della comunità.

 

Christian Rivola

Anno di nascita: 1973

Professione: Architetto

 

Dopo la laurea conseguita alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana di Lugano, ottiene il Master of Architecture presso lo SCI-Arc di Los Angeles. Nel 1998 assieme a Omar Bontà dà vita a Monteceneri (TI) allo studio “ribo architecture.” Dopo l’uscita di Bontà, lo studio evolve nel 2016  nell’atelier “ribo+” (www.ribo.swiss) di Cadenazzo, con filiali in Svizzera francese e in Portogallo, nella regione del Douro.

MG 1714

Le Sacré-Coeur vuole essere una fonte di energia per il cambiamento del nostro modo di vivere le relazioni nelle città.