Un po' di pazienza
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Valascia
Story

Dove risuona la Montanara

A volte il regalo di Natale più bello può arrivare in anticipo. Per esempio il 23 dicembre. In questa storia però il panorama non è innevato ma ghiacciato, e si odono cantare inni, ma non sono quello sacri. Poi all’improvviso l’allenatore dice al suo vice: metti il ragazzo. Lo dice in inglese. Il ragazzo sente rimbombare quelle parole e si domanda se ha tradotto bene la frase. E poi sì, il ragazzo che debutta in prima squadra è proprio lui.

Avvenne l’antivigilia di dieci anni fa e il ragazzo era Isacco Dotti. Fu così che esordì nella Lega Nazionale di hockey di fronte al pubblico della Valascia. Su quella pista, le lame dei suoi pattini avevano iniziato a scivolare sin da quando lui aveva 7 anni. Per lui era un sogno che si avverava. I sogni che si realizzano possono essere bellissimi ma l’hockey è uno sport che richiede sacrifici, spirito di squadra, coraggio e dinamismo, e insegna che si può sempre cadere, ma anche che dalle cadute più dure ci si può rialzare. Per questo in un anno storico per l’Hockey Club Ambrì Piotta, quello che vedrà inaugurare il nuovo impianto e mandare definitivamente in pensione la mitica Valascia, abbiamo scelto di farci raccontare il mondo biancoblù da un osservatore privilegiato: Isacco Dotti.

 

Dotti, nato con i pattini?

“A mia memoria ho sempre pattinato. Poi a 7 anni ho iniziato a giocare nelle giovanili dell'Ambrì e da allora non mi sono più fermato sino all'esordio in prima squadra”.

 

Vieni avvenne?

“Giocavamo in casa contro Berna. Io ero aggregato alla prima squadra, not mi aspettavo di giocare. Ma a un certo punto il coach, che era Kevin Constantine disse a Diego Scandella di farmi giocare. Finì che vincemmo ai supplementari ed essere lì in pista, con i tifosi che intonano la Montanara, mi fece venire la pelle d'oca. Dentro di me dissi: queste emozioni le voglio continuare a vivere ”.

Invece?

“La stagione successiva dovetti operarmi alle anche e finii a giocare in Prima Lega a Biasca. Mi divertii anche molto, si giocava spensierati. Andai avanti con gli studi d'ingegneria e avevo quasi abbandonato ogni speranza di poter tornare a level superiori. Poi però arrivare la promozione in serie B. Lavoravo al 50% come ingegnere per riuscire a stare dietro agli alleamenti. Infine, dopo due anni, arrivò l'offerta dell'HCAP e così sono tornato a collaborare alla Valascia”.

 

Come concilia lo sport con la professione?

“Giocando nella divisione maggiore, ho dovuto ridurre al 30% il mio impegno in azienda. Mi occupo prevalentemente di progetti nell'ambito del genio civile”.

 

Lo sport può essere anche un aiuto per la professione?

“Quando fai due partite a settimana più gli alleamenti è ovviamente difficile pensare di poter lavorare a tempo pieno. Però anche lo sport, come la famiglia, mi ha preparato a lavorare in team, a cercare una soluzione condivi sa, ae migliorare il compromesso per il gruppo”.

Dalla prossima stagione darete addio alla storica casa biancoblù, rammarico?

“Certamente la Valascia per me e per molti miei compagni rappresenta non solo la storia dell’HCAP, ma è collegata a moltissimi momenti personali, di gioia o di sofferenza, di sport e di vita. Non nego però che sia da giocatore, sia da ingegnere sono curioso di vedere la nuova arena. Nei mesi scorsi quando finivamo gli allenamenti qualche volta siamo andati a vedere il cantiere, per esempio in autunno-inverno quando hanno posato il tetto. È un grande progetto e abbiamo tutti voglia di metterci alla prova sulla nuova pista”.

 

La speranza è di poterla vedere subito gremita di pubblico?

“Sì, aver giocato un anno senza pubblico, mi ha fatto percepire che quando si dice che i tifosi ti danno una spinta in più, non è solo un modo di dire. Giocare con il pubblico è tutta un’altra emozione. Non solo in pista. Per me è essenziale anche il dopo-partita, incontrare i sostenitori fuori e commentare quel che è successo. Mi dà la percezione di quante persone tengono a quello che facciamo. È difficile spiegarlo a parole ma ti dà una consapevolezza incredibile per affrontare le partite successive”.

 

Chissà se la prima volta che sentirà intonare la Montanara nella nuova arena, come quella volta di dieci anni fa, la sua prima volta, Isacco tornerà a provare quei brividi che ti fanno sentire di occupare l’unico posto al mondo nel quale vorresti essere.

 

Isacco Dotti
Anno di nascita: 1993

Professione: ingegnere civile e giocatore di hockey

Ha iniziato a impugnare il bastone nelle file dell’HCAP a 7 anni. Dopo l’esordio in prima squadra, ha però dovuto lasciare l’hockey professionistico per un intervento alle anche. Si è però prontamente ripreso e dopo poche stagioni è tornato a militare nella Lega Nazionale Svizzera con i colori dell’Ambrì Piotta. Svolge la sua professione di ingegnere per la filiale Afry di Rivera.

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