Un po' di pazienza
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Story

L’algoritmo dentro al ponte

Le parole, quando diventano di moda, rischiano di perdere il loro significato. “Innovazione” e “innovare” sono termini che riempiono i discorsi di manager e politici, a volte lasciando la sensazione che ci si illuda che basti nominare le parole per trasformarle in realtà.

Per le aziende, invece, innovare non solo significa dedicare competenze e risorse, ma anche decidere se svolgere un ruolo attivo nei confronti dei cambiamenti oppure semplicemente subirli.

La questione non è se innovare (da sempre necessario per sopravvivere), ma come? Per cercare di capire gli scenari dell’innovazione, abbiamo intervistato Fabio De Martino. Poco più che trentenne, vanta già un lungo curriculum di esperienze nel mondo corporate, nel mondo imprenditoriale e nel mondo startup. Attualmente guida il settore Innovazione di Pini Group, azienda di ingegneria attiva nella progettazione e consulenza a livello internazionale con oltre 400 collaboratori.

Di cosa si occupa il responsabile dell’innovazione all’interno di un’azienda?

“Ha l’onere e l’onore di occuparsi di tutti i processi legati alla trasformazione aziendale, analizzandone l’organizzazione e introducendo, ad esempio, nuovi processi, nuove tecnologie, nuove forme di business, consentendo la messa a terra di idee innovative, al fine di consentire all’impresa di stare al passo con i tempi. Viviamo in un’epoca in cui l’unica costante è il cambiamento. Innovare è la prerogativa per non farsi travolgere dall’evoluzione”. 

 

Quindi i mutamenti in questo periodo non mancano…

“In molti settori, in molti settori tecnologici si sta assistendo a cambiamenti epocali. Questo avviene anche nel settore dell’ingegneria, dell’architettura e delle costruzioni in generale. Settore che conosco da vicino visto il mio ruolo in azienda”. 

 

Per esempio?

“Gli esempi all’interno del mondo dell’ingegneria e delle costruzioni sono molteplici, dal ruolo dell’intelligenza artificiale, alla blockchain, alla robotica applicata al mondo delle costruzioni. Ci sono poi le tecnologie immersive e tutto il mondo dei metaversi. 

Il Metaverso sarà una sfida per tutti. Per esempio, come Pini Group siamo tra i primi uffici in Svizzera ad affrontare progetti nei metaversi, con clienti di rilevanza nazionale ed internazionale che ci stanno affidando incarichi di rilievo”.

 

L’intelligenza artificiale avrà un ruolo anche nella progettazione?

“Certamente, l’intelligenza artificiale avrà un enorme impatto sia per la progettazione che per la manutenzione delle opere di ingegneria, andando a prevenire guasti e collassi delle opere stesse. 

Prendiamo ad esempio un ponte. Oggi siamo in grado di creare un gemello digitale in 3D che ci permette di effettuare analisi predittive utili per valutare la “salute” dell’opera. Il gemello digitale è un modello virtuale altamente complesso che costituisce l’esatta replica dell’infrastruttura fisica. 

Fatto questo siamo in grado, per esempio, di ispezionare virtualmente l’opera.  

Unendo conoscenze ingegneristiche, matematiche, informatiche e tecnologiche siamo in grado poi di elaborare algoritmi, che possiamo nutrire grazie ai Big Data che raccogliamo posando reti di sensori direttamente sul ponte. Questi algoritmi ci permettono di fare analisi predittive, di capire come il ponte si comporta e come si comporterà in futuro evitando, per esempio, tragedie come quelle di cui spesso la cronaca ci ha abituati”.

 

Questi modelli 3D sono solo virtuali?

“Il gemello digitale è un modello virtuale. Ma i dati raccolti e le analisi fatte sono utili, tra l’altro, anche per la costruzione delle opere. I dati raccolti ci permettono di capire l’effettivo comportamento delle strutture e potranno essere usati anche per la realizzazione stessa delle opere, in un mondo che vedrà la stampa 3D sempre più usata nel settore delle costruzioni. E allora potremo avere delle strutture efficienti, sicure, fatte di materiali innovativi e che magari strizzano l’occhio all’ambiente. 

Ad Amsterdam il primo ponte “stampato” è già realtà”.

 

Altre applicazioni tecnologiche innovative?

“Sicuramente ci sono tantissime tecnologie che avranno un impatto sul mondo dell’ingegneria e delle costruzioni. Vorrei sottolineare però che spesso innovare non è, per forza di cose, creare qualcosa di disruptive. Spesso sono i piccoli miglioramenti a fare la differenza. A volte basta guardare le cose da una prospettiva diversa, da un punto di vista non usuale. Per questo è importante lasciarsi contaminare, esplorando anche settori diversi dal proprio. Questa è una delle caratteristiche che un buon Chief Innovation Officer deve avere”. 

 

Un esempio di altre applicazioni tecnologiche? 

“Ci sono tantissimi esempi che potremmo fare. Negli ultimi anni, per esempio, i droni sono entrati nel mondo dell’ingegneria e delle misurazioni. In azienda abbiamo iniziato ad approfondire altri utilizzi di queste tecnologie. Oggi operiamo anche nel settore del monitoraggio ambientale, nel settore dell’Oil&Gas, nel settore dell’agricoltura 4.0 ed in quello dell’archeologia. All’ispezione di un ponte abbiamo affiancato anche l’analisi dello stato di un vigneto sulle colline della Svizzera francese, o la messa in atto di misure per il controllo dei parassiti su una coltura di segale nella pianura padana, oppure l’ispezione di un parco fotovoltaico, o ancora di una serie di turbine eoliche. 

Unendo competenze interne a skills esterne, in un’ottica di Open Innovation, riusciamo anche a diversificare il business e a soddisfare, ancora di più, i clienti di sempre”. 

 

È possibile creare innovazione da soli?

“Penso che quando si parla di innovazione non bisogna mai porre confini e frontiere. Chi si occupa di innovazione ha il compito di monitorare i trend del proprio settore investigando i futuri possibili, allo scopo di prendere le migliori decisioni strategiche per poterli affrontare. La concretizzazione della strategia legata all’innovazione deve avvenire aprendosi verso l’esterno, in un’ottica di Open Innovation portando avanti partnership, valorizzando le competenze già sviluppate da altri e unendole alle proprie. Un’azienda non può avere tutte le competenze al proprio interno. L’innovazione non è qualcosa da confinare, ma qualcosa da propagare. 

Bisogna creare sinergie con università, centri di ricerca, altre aziende o start up. Contaminarsi e contaminare diventa fondamentale per poter attuare una solida strategia legata all’innovazione.
In azienda, per rispondere a questa esigenza abbiamo creato, tra le altre cose, un fondo dedicato all’innovazione - pini4innovation -, con il quale sosteniamo progetti legati all’innovazione e andiamo anche ad investire in startup e PMI innovative”.

 

Pensi che anche nel vostro settore ci saranno delle modifiche delle competenze professionali? 

“Partiamo dal presupposto che il progresso non possiamo fermarlo. Dal mio punto di vista bisogna affrontare, da subito, il tema del reskilling e dell’upskilling.

In merito mi piace citare il filosofo statunitense Eric Hoffer, al quale hanno attribuito questa frase: “in un tempo di cambiamenti, chi impara eredita il futuro. Chi già conosce si trova ben equipaggiato per vivere in un mondo che non esiste più…».

La robotica non farà perdere posti di lavoro a patto di pensare a una conversione del lavoro umano. 

Gli algoritmi non sostituiranno gli ingegneri, se essi saranno in grado di sviluppare le skills giuste, che la tecnologia non potrà soppiantare. 

Si tratta di migliorare e a volte implementare le proprie competenze per rimanere sul mercato, come professionisti e come aziende”. 

 

Ci sono delle tendenze di cui tenere conto?

“Le tendenze sono tantissime. Penso che faccia la differenza la capacità di unire i puntini, la capacità di andare oltre al proprio settore, valutando il progresso e la tecnologia con prospettive più ampie. Questa dev’essere la capacità di chi si occupa di innovazione”.

Fabio De Martino
Anno di nascita: 1989
Professione: Innovation Manager e Startupper

Dopo una formazione da ingegnere civile in SUPSI e un’esperienza in Pini nel settore del genio civile, De Martino consegue un master in Business Administration a Bologna e un Master in strategia e gestione d’impresa alla 24ore Business School.  Dal 2014 al 2021 opera in AFRY. Nel 2021 torna in Pini con il ruolo di Group Chief Innovation Officer.

Parallelamente, ha co-fondato diverse startup (dall’agritech al digital passando per il foodtech). Ha avviato due incubatori di idee innovative ed è co-autore de “Il manuale dello startupper”.

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