Un po' di pazienza
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Story

La metà più uno del calcio

Tutto iniziò il 3 aprile di 116 anni fa con cinque giovani amanti del pallone figli di gente che aveva attraversato l’Atlantico in cerca di fortuna. Decisero di fondare una squadra di fútbol, di calcio. La chiamarono come il loro quartiere e aggiunsero Juniors alla moda inglese dell’Argentina dell’epoca. Quando dovettero decidere il colore delle maglie con le quali giocare dissero: “Andiamo al porto, prendiamo i colori della prima nave che arriva”. Alcuni dicono che fosse la “Drottling Sophia”, altri la “Oskar II”, altri ancora la “Prinsessan Ingeborg”, l’unica cosa certa è che batteva bandiera svedese. Da allora la divisa di gioco divenne “Azul y Oro” (gialloblù), e dal primo campionato di massima serie, il Boca non ha mai smesso di onorarla, diventando la squadra più amata d’Argentina e probabilmente del mondo.

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Le origini

Ancora oggi i giocatori del Boca sono soprannominati i Xeneizes, perché il quartiere di Buenos Aires dove nacque la squadra, nel 1905, era popolato soprattutto da immigrati italiani giunti da Genova. I fondatori non erano tutti genovesi, erano però figli di italiani e, forse anche per queste origini popolari - fu il padre di uno di loro a dover fabbricare le porte del campo da gioco -, presto la squadra divenne un punto di riferimento per gli appassionati di calcio argentino. Iniziò a giocare in Prima divisione nel 1913, continuò quando nel 1931 il torneo divenne professionistico e oggi è l’unica squadra argentina a non essere mai retrocessa, forte del sostegno di centinaia di migliaia di soci.

 

La Bombonera batte

La tifoseria del Boca è considerata una delle più passionali e coinvolgenti del mondo e il luogo nel quale mostra il suo amore per la squadra è la Bombonera. Così è soprannominato lo stadio nel quartiere di Boca, oggi intitolato allo storico presidente Alberto Jacinto Armando. La Bombonera fu inaugurata nel 1940, vide l’aggiunta di un terzo anello nel 1953 e nel 1996 avvenne l’ultima ristrutturazione che portò la capienza a oltre 57’000 posti. Nel 2020 i pannelli acrilici tra il campo e gli spalti vengono rimossi permettendo una migliore visuale ai tifosi.

La forma ricorda quella di un anfiteatro greco, una sorta di semicerchio chiuso dalla tribuna rettilinea. Una cornice ideale per un grande spettacolo, nel quale, sin dagli anni Trenta, la tifoseria è considerata il dodicesimo uomo in campo. I cori dei suoi tifosi sono tra i più celebri al mondo e assistere a una partita, magari contro gli storici rivali del River Plate, con i quali danno vita al Superclàsico, è un’esperienza fisica, quando i tifosi cominciano a saltare in maniera ritmata, perché ”La Bombonera no tiembla. Late” (La Bombonera non trema. Batte).

La rivista inglese Fourfourtwo lo ha scelto come il miglior stadio del mondo. France Football lo ha indicato come lo stadio più appassionato del mondo e il quotidiano inglese The Observer ha messo un clásico Boca Juniors vs River Plate a La Bombonera al primo posto tra gli eventi sportivi da vedere prima di morire.

 

Perché la Bombonera?

La versione più vicina alla realtà dice che l’architetto sloveno Victorio Sulsic, uno dei responsabili del progetto di costruzione, insieme all’ingegnere José Luis Delpini, ricevette in regalo una scatola di cioccolatini e si stupì di vedere che la scatola aveva la stessa forma del progetto dello stadio che stavano progettando.

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La metà più uno

La particolarità della tifoseria del Boca è che non è distribuita solo nella città che ospita la squadra, ma in modo abbastanza omogeneo in tutto il Paese, oltre a vantare numerosi club di sostenitori in numerose nazioni. Gli ultimi sondaggi indicano che circa il 40% dei tifosi argentini sostengono il Boca, una percentuale che non ha eguali in nessun’altra parte del mondo. Negli anni Cinquanta un sondaggio rilevò che oltre il 50% degli argentini tifava per il Boca, fu allora che nacque la definizione “la metà più uno” che ancora identifica la compagine gialloblù.

 

Maradona gialloblù

Una squadra leggendaria non poteva non affascinare un giocatore leggendario. Diego Armando Maradona, che a fine anni Settanta aveva debuttato nell’Argentinos Juniors, fu entusiasta di passare in prestito al Boca, la squadra del cuore del padre, quando ne ebbe l’occasione, nel 1981. Quell’esperienza durò solo un anno, poi ci fu il richiamo dell’Europa: Barcellona, Napoli e la consacrazione mondiale.

Per l’addio al calcio giocato, Maradona scelse però di giocare con i colori del cuore. Disputò gli ultimi tre campionati della carriera con la maglia gialloblù e diede l’addio al campo durante il superclasico con il River del 25 ottobre 1997. Il legame con il Boca continuò anche successivamente: nel 2005 divenne direttore sportivo e vicepresidente, carica che ricoprì per un anno ricco di successi.

Oggi un monumento a Maradona è presente nel museo del Boca all’interno della Bombonera.

 

Il Boca oggi

Il Boca è oggi il campione in carica d’Argentina e vanta uno strabiliante palmares con 28 campionati professionistici in bacheca (più 6 ottenuti nell’epoca dei dilettanti) e 22 trofei internazionali (solo il Real Madrid con 27 ne ha di più al mondo).

Inoltre è l’unica squadra argentina a non essere mai retrocessa dalla Prima divisione. Il fascino del Boca non è però solo legato al calcio ma anche a molti altri sport. Squadre con la divisa del Boca gareggiano a livello professionistico, nazionale e internazionale nel basket, nella pallavolo, nel calcio femminile e nel futsal (calcio a 5), mentre molto altri sport sono praticati a livello amatoriale. È una grande storia di passione popolare (circa 200mila soci) in grado di legare un paese animato da sempre da forti sentimenti, talvolta contrastanti; ne abbiamo parlato con il direttore amministrativo Jorge Clemente.

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