Un po' di pazienza
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Pini
Story

Dove camminavano i Patriarchi

L’eccellenza e l’esperienza ingegneristica del gruppo Pini sono sbarcati in Terrasanta. Il raddoppio dell’autostrada tra Gerusalemme e Betlemme, le caverne e la galleria del nuovo hub della stazione di Gerusalemme e in futuro anche la metropolitana di Tel Aviv. In Israele, 

Pini ha portato le competenze e le abilità svizzere nella costruzione di tunnel e progetti sotterranei. 

Anche in una terra complicata, segnata dalle caratteristiche del territorio e dalla storia politica, la “svizzeritudine”, la capacità di trovare soluzioni efficienti in situazioni difficili, ha dimostrato ancora una volta l’affidabilità delle aziende rossocrociate. Ne abbiamo parlato con il dottor ingegnere Roberto Schürch, capo progetto del settore Gallerie e responsabile del mercato internazionale di Pini Swiss Engineers. 

Dottor Schürch, come nasce l’esperienza del gruppo Pini in Israele?
“Occorre fare una premessa, con il nuovo millennio Israele si è trovata in una fase di grande sviluppo demografico e tecnologico, perciò è cresciuto il fabbisogno di infrastrutture, anche sotterranee, però le competenze sul mercato locale scarseggiavano. Basti pensare che le poche gallerie esistenti sono state quasi progettate da un solo ingegnere, Arnon Rozen. Perciò gli israeliani hanno deciso che per avere un appalto in questo settore, le aziende locali dovevano avere un partner internazionale riconosciuto a livello mondiale nell’ambito progettazione di opere sotterranee”. 

 

E ovviamente il pensiero sarà andato alla Svizzera e alla sua tradizione nello scavare e attraversare le montagne?
“Esattamente. I responsabili di un ufficio di Gerusalemme, la Grouchko Structural Engineers, hanno pensato: dove possiamo trovare un partner internazionale con esperienza, proviamo in Svizzera. Così nel 2016 hanno contattato un ingegnere svizzero che conoscevano e quest’ultimo ha indicato loro la sede di Zurigo di Pini Swiss Engineers”.

 

Quindi Grouchko è diventato il vostro partner, ma qual è stato il primo committente?
“La Moriah Jerusalem Development Corporation. Si tratta di una società che ha l’obiettivo di sviluppare le infrastrutture a Gerusalemme e svolgere lavori pubblici per il governo locale. Il loro problema era raddoppiare la capacità della Road 60, in un tratto che va da Gerusalemme verso Betlemme. L’intervento è molto complesso, forse unico nel suo genere. Questo perché vanno realizzati due nuovi tunnel a fianco di quelli esistenti, senza interrompere il traffico sulla tratta esistente. Il primo è lungo circa 300 metri, il secondo un chilometro. La grande difficoltà consiste nel fatto che i nuovi tunnel vanno costruiti a ridosso, a pochi metri di distanza da quelli esistenti. Dopo il completamento delle nuove gallerie verranno risanate quelle esistenti al fine di garantire un livello di sicurezza e durabilità conforme con le esigenze moderne”.

 

È un problema di conformazione del territorio?
“Non solo. In base agli accordi di Oslo, sono stati creati dei precisi corridoi entro i quali Israele può costruire nei territori della West Bank/Cisgiordania. 

Il primo tunnel fu costruito in mezzo al corridoio, perciò ora ai lati lo spazio è ridotto. In un punto dovremo persino entrare all’interno dell’altra galleria tanto lo spazio a disposizione è limitato al posto di ridotto”.

 

I tunnel sono già in costruzione?
“Si, il primo tunnel è già terminato e verrà aperto al traffico entro fine 2021. Attualmente i lavori si concentrano sul secondo. Utilizziamo una tecnica che prevede la costruzione di un cunicolo, poi di uno adiacente. 

Per dirla in modo non tecnico e facilmente comprensibile, è come togliere un pezzetto alla volta dalla montagna, così quest’ultima non si accorge che l’abbiamo bucata e la sua struttura si adatta senza traumi e, soprattutto, senza causare problemi alla galleria in esercizio”.

 

Avete dovuto utilizzare accorgimenti particolari per la sicurezza?
“Un’attenta analisi dei rischi è stata effettuata durante lo sviluppo del progetto per garantire in ogni fase di cantiere e in fase di esercizio la sicurezza massima per i lavoratori e per l’utenza stradale. A differenza di altri tratti stradali nell’area non sono state richieste misure particolari per prevenire rischi derivanti dalle tensioni politiche purtroppo caratteristiche del territorio. Ora la situazione è più tranquilla rispetto al passato. Basti pensare che nella zona esistono ancora dei muri a L che furono realizzati dopo che il tratto di strada fu oggetto di attacchi armati (nei primi anni Duemila vi furono attacchi da Beit Jala, centro palestinese, verso Gilo, insediamento israeliano, ndr)”

 

State lavorando anche ad altri cantieri a Gerusalemme?
“L’apprezzamento per il nostro lavoro ha portato Moriah a chiederci a fine 2017 una consulenza per un grande problema che avevano riscontrato nell’ambito del progetto di Jerusalem Gateway. All’ingresso ovest della città, nei pressi della stazione, recentemente collegata con treni ad alta velocità a Tel Aviv, è prevista la creazione di un nuovo centro tecnologico con diversi grattacieli. Il progetto prevede la realizzazione di due “mega” caverne che ospiteranno una galleria stradale per far scorrere il traffico sotto la superficie nella parte superiore e cinque livelli di posteggi sotterranei che si connettono con servizi ed edifici soprastanti ed adiacenti, una sorta di hub ricavato in due grandi caverne profonde trenta metri, larghe venti e lunghe 300 metri. Ci hanno chiamato perché l’allora progettista sosteneva che realizzare gallerie d’accesso e caverne avrebbe rischiato di danneggiare la stazione. Il progetto era stato classificato come infattibile. Ci siano messi all’opera, abbiamo riprogettato tutto, trovato soluzioni, ottenuto il mandato e permesso di finalizzare il progetto in tempo record”.

 

Tutti interventi di grandi dimensioni, avete avuto anche altri mandati più piccoli?
“Sì, per altre opere stradali, tunnel sotterranei di raccordo nel centro della città di Gerusalemme e abbiamo offerto anche la nostra consulenza negli scavi archeologici alla City of David (poco distante dal celebre Muro del Tempio, ndr) a seguito di problemi di impatto eccessivo degli scavi sulle strutture superficiali. Con il nostro intervento tecnico e politicamente neutro siamo riusciti a garantire la sicurezza dei lavoratori e degli archeologi in galleria e quella della popolazione in superficie”.

 

È difficile gestire questi cantieri dalla Svizzera?
“Visto che i mandati crescevano, abbiamo scelto a fine 2019 di aprire una filiale in Israele in cui lavorano quasi 10 persone per progetti e direzione lavori, ovviamente, quando è necessario, per la capacità produttiva si appoggiano alle nostre sedi svizzere. Prima del coronavirus io stesso circa una o due volte al mese volavo in Israele per seguire i lavori e tenere i rapporti con i committenti. Ora gestiamo tutto in virtuale”.

 

Nuovi mandati per il futuro?
“Tra circa 4-6 mesi dovrebbero iniziare i lavori per la Green line di Tel Aviv, una nuova linea metropolitana per la quale lavoreremo con un’impresa cinese. Vi è anche un progetto di gallerie stradali, da due chilometri, per il quale abbiamo già fatto gli studi preliminari e che, da un anno e mezzo, è in attesa di approvazione del budget. A pesare, in questo caso, più che la pandemia è stato però il succedersi di diversi governi e le ripetute elezioni”.

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