Il tunnel più freddo del mondo
Scavare gallerie attorno a una città dal clima estremo è una sfida che richiede approfondite conoscenze ingegneristiche per valutare quando e come è possibile perforare. Se poi quella città è la capitale più fredda al mondo, Ulaanbaatar, dove non esistono esperienze di altri tunnel, la sfida è doppia. A raccoglierla per Pini Group, la società di Lugano tra i leader internazionali dell’ingegneria, è Stefania Stefanizzi. L’ingegnera geotecnica è a capo della divisione torinese di Pini è ha iniziato i primi viaggi in Mongolia per seguire questo affascinante mandato e ci racconta le sue prime impressioni.
Cosa siete chiamati a fare in Mongolia?
“Il governo vuole realizzare una linea ferroviaria che bypassi la capitale per velocizzare e migliorare il sistema ferroviario nel paese, riducendo la congestione ferroviaria in città. Sarà una linea sia per treni merci che passeggeri. Adesso si utilizzano locomotori diesel, ma in futuro è prevista anche l’elettrificazione. Per realizzare questo bypass occorre creare due tunnel da 4 e da 9 chilometri che superino i monti circostanti. Non sono vette altissime, è una specie di altopiano, ma le pendenze per i convogli, che sono molto pesanti, devono essere minime perciò è necessario realizzare delle gallerie. Noi ci occupiamo di realizzare il progetto preliminare e abbiamo abbastanza carta bianca sulle soluzioni tecniche”.
Carta bianca anche perché non ci sono molti termini di paragone nel Paese…
“Sì, è vero. Questo è il primo tunnel ferroviario che sarà realizzato in Mongolia, perciò ha una forte valenza iconica e per loro è molto importante. Di gallerie ferroviarie in simili condizioni climatiche esiste solo qualche esempio in Tibet, Cina e in Siberia”.
Quali sono le difficoltà tecniche in simili condizioni estreme?
“Occorre confrontarsi con il permafrost, cioè con terreni perennemente ghiacciati, che però a causa dei cambiamenti climatici possono ‘scongelarsi’ e cedere e perciò occorre tenere conto del decadimento delle caratteristiche meccaniche, sia per la parte in superficie sia per quella di ingresso nei tunnel”.
Non avendo esperienza di tunnel ferroviari chi si occupa in Mongolia di questo tipo di progettazione?
“Hanno ingegneri che provengono dall’esperienza mineraria, hanno fatto studi in Germania e parlano inglese, russo e cinese. Sono figure comunque molto preparate”.
Lei è entrata recentemente in Pini con l’acquisizione di Geodata. Cos’è avvenuto?
“Geodata era uno storico studio di ingegneria torinese, che da realtà familiare aveva acquisito importanti mandati internazionali. Nel 2017 era stato rilevato da una società cinese, ma nel 2022 era arrivato l’input da Pechino di chiudere. La società era avviata al fallimento, poi Pini ha deciso di acquisirla, viste le molte referenze e la grande storia ed esperienza nell’ambito dei tunnel. Io ero già stata contattata precedentemente da Pini per guidare la divisione torinese che Pini aveva deciso di aprire e avevo lasciato Geodata. Poi, dopo 15 giorni dall’inizio della mia avventura in Pini, c’è stata l’acquisizione di Geodata e, ironia della sorte, sono tornata nel mio ufficio precedente con alcuni dei miei vecchi colleghi”.
Quella in Mongolia è la sua prima esperienza in Asia?
“No, amo molto in generale i Paesi dell’Est, pur avendo lavorato anche in America Latina e in altri Paesi. Per esempio, l’esperienza per me più formativa e anche umanamente più significativa è stata per le Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014. Sochi è sul Mar Nero, nel Caucaso, ai confini tra Europa e Asia. Dovevo seguire la progettazione, assieme alla società capofila di San Pietroburgo, di 12 tunnel per un collegamento ferroviario e stradale con gli impianti sciistici. Dal 2008 al 2010 sostanzialmente vivevo 3 settimane in Russia e poi tornavo in Italia. È stato molto interessante perché abbiamo curato la parte di progettazione di gallerie abbastanza sfidanti. Vi erano tre TBM (tunnel boring machine, ndr), le talpe da escavazione, che operavano in parallelo e si operava all’interno di un parco naturale. Inoltre i limiti delle tecnologie costruttive locali hanno condizionato le scelte tecniche, mentre la normativa russa è molto stringente, si progetta in modo solido e occorre spiegare bene all’expertise federale russo il perché delle scelte”.
C’è stato qualche momento difficile? Differenze culturali?
“Appena arrivata, quando mi sono presentata al capocantiere, e lui ha visto davanti una donna di 30 anni ha detto: ma chi ci avete mandato. Poi alla fine del progetto si è scusato e mi ha ringraziato. Diciamo che in certi ambienti la diffidenza sull’essere giovane e donna è ancora molto radicata e la fiducia va conquistata giorno per giorno”
Torniamo alla Mongolia, qual è stato il primo impatto?
“Quando si arriva in aereo sembra una terra disabitata. Invece ci hanno accolto benissimo, e ci hanno dato subito delle giacche più pesanti delle nostre, visto che siamo andati all’alba a fare un sopralluogo a -20°C. É stata veramente un’accoglienza calorosa. Certo occorre abituarsi dal passare da locali interni caldissimi, quasi soffocanti, a temperature esterne di molto sottozero, con un freddo che non è paragonabile a quello alpino”.
Una curiosità?
“Quando siamo arrivati al cantiere dove si stanno realizzando le indagini per il progetto abbiamo trovato una Ger, è la tipica tenda-abitazione mongola. Nessun prefabbricato, anche il cantiere sarà realizzato con queste costruzioni tradizionali fatte di materiali naturali e che da sempre proteggono le popolazioni locali dal rigido clima”.
LA CAPITALE PIÙ FREDDA
Ulaanbaatar (anche detta Ulan Bator) è la capitale della Mongolia, conta circa 1,4 milioni di abitanti (oltre il triplo degli abitanti di Zurigo) e vanta il primato di capitale più fredda del mondo, con una temperatura media annuale al di sotto dello zero termico (nel 2021 è stata di -0,4°C, ma in anni precedenti anche di -3°C). La temperatura più fredda mai registrata è stata di -49°C e il generale clima freddo è causato in parte dall’altitudine (1.350 metri slm), in parte dalla distanza dal mare e in parte dalle caratteristiche climatiche del continente con il suo clima subartico influenzato dai monsoni. Nei mesi invernali la temperatura media è attorno ai -20°C. D’estate solitamente non si superano i 20 gradi.
IL PROGETTO
Nel 2021, il Consiglio dei Ministri della Mongolia ha concesso il permesso per la costruzione della principale infrastruttura ferroviaria “Bogdkhan” alla società “Tavan-Tolgoi Tomor Zam” LLC. Il percorso ferroviario, su cui verrà effettuato il 60% del traffico ferroviario, collegherà le stazioni ferroviarie Mandal e Ma’ant sulla ferrovia Ulaanbaatar, evitando le montagne Bogdhan dal lato orientale. Secondo gli esperti, il nuovo percorso ferroviario che bypassa i passi di montagna Emealt e Hoolt alla periferia di Ulaanbaatar aumenterà la velocità dei treni. Inoltre, il traffico merci su rotaia aumenterà di 5-6 milioni di tonnellate all’anno.
IL MONTE SACRO
Bogd Han (o Bogd Khan) è la montagna che si affaccia sulla capitale della Mongolia e che tocca un’altezza di 2.261 metri. È una delle montagne sacre del Paese asiatico ed è inserita nella lista provvisoria del Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. L’intera area del monte è compresa nel Parco Nazionale Bogd Han. Sul versante sud, si trova il monastero buddista di Manzušri Hiid, fondato nel 1773 e recentemente restaurato dopo essere stato distrutto nel 1937.
LE TENDE ICONICHE
La Ger, in mongolo, più nota come Jurta, è la tipica abitazione mobile utilizzata da molti popoli comandi dell’Asia Centrale. Si calcola che più della metà dei Mongoli vive ancora nelle proprie abitazioni tradizionali. Sono costituite da uno scheletro di legno e una copertura di tappeti di feltro di lana di pecora. Il vantaggio di questo tipo di abitazione è che può essere smontata, spostata e assemblata in un tempo relativamente breve.
Stefania Stefanizzi
Anno di nascita: 1978
Professione: Ingegnere geotecnico
Dopo la laurea in Ingegneria geotecnica conseguita al Politecnico di Torino nel 2003, Stefanizzi ha lavorato per Geodata sino a luglio 2022, specializzandosi nella progettazione di tunnel e seguendo mandati in diversi Paesi extraeuropei, dalla Russia all’America latina. Dall’ottobre 2022 è a capo della divisione torinese di Pini Group.
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