Un po' di pazienza
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Story

Voglia di cinque cerchi

Nel 2021 ha assaporato l’emozione di correre in una gara olimpica, e per un atleta è un’esperienza indelebile. Perciò dopo Tokyo, Filippo Colombo ora vuole salire in sella anche a Parigi 2024, per affrontare la gara di cross country, la specialità olimpica della mountain bike. Sarebbe in parte una rivincita, poiché due anni fa alla sfida a cinque cerchi ci arrivò reduce da un grave infortunio e non ancora nelle migliori condizioni. Il ciclista ticinese ha 25 anni e negli ultimi 15 è stato testimone dello sviluppo della disciplina a livello cantonale e dell’evoluzione tecnologica del mezzo, riuscendo a fare della propria passione una professione da 16’000 chilometri l’anno nelle gambe. L’abbiamo intervistato sul futuro della disciplina e sul numero crescente di praticanti.

Quando inizia la passione per la bicicletta?

“Da bambino, ma all’epoca, in Ticino, non c’erano società di MTB. Se si voleva correre in bicicletta lo si poteva fare solo attraverso le squadre di ciclismo su strada. Così ho iniziato a gareggiare nella categoria Under 11 tra le fila del Velo Club Monte Tamaro. E fino agli Under 15 ho partecipato a gare miste, sia su strada che con la MTB”.

 

Quando ha capito la sua preferenza per la MTB?

“A 15 anni, quando sono passato alla categoria esordienti, e in quell’anno, il 2012, il Velo Club Monte Tamaro creò la prima squadra cantonale di MTB. Eravamo in 5 ragazzi, e il primo anno ci confrontammo con sonore sconfitte, poiché ci confrontavamo con team che si erano specializzati da tempo. L’anno successivo conquistai però la prima vittoria alla Swiss Cup. Ero sulla strada giusta, così quando nel 2014 arrivai tra gli Juniores ottenni il titolo di campione svizzero e la convocazione in nazionale”.

 

Poi sono arrivati gli allori internazionali…

“Sì, il podio conquistato ai mondiali di Nove Mesto, in Repubblica Ceca, subito dopo gli esami di maturità. Nel 2017 la medaglia d’argento ai Campionati Europei e nella Coppa del Mondo”.

 

E nel 2021 le Olimpiadi…

“Ho rischiato di saltarle perché l’anno era iniziato con un brutto infortunio che mi ha costretto a stare fermo per quasi tre mesi. Fortunatamente sono riuscito a rimettermi in tempo, bellissima esperienza, straordinaria, ma non ci sono arrivato nella forma fisica che avrei desiderato e sono arrivato dodicesimo”.

 

Per questo l’obiettivo ora è andare alle Olimpiadi di Parigi 2024?

“Sì, anche se sarà ancora più dura qualificarsi perché i posti per gli atleti svizzeri saranno solo due. Ma nei prossimi mesi l’obiettivo sarà senz’altro di arrivare nelle migliori condizioni alla partenza di Parigi”.

 

Rispetto a 11 anni fa, quando nacque il primo di team di MTB ticinese, come si è evoluto il movimento a livello ticinese?

“Ora ci sono due società con squadre di MTB, che hanno nei loro team un sacco di ragazzi che hanno voglia di sperimentare la MTB e di imparare questa disciplina. I risultati agonistici di alto livello non ci sono ancora perché è difficile fare il salto di qualità quando ci si affaccia verso il mondo professionistico, ma è solo questione di tempo. Con questi numeri nei prossimi anni senz’altro emergeranno delle ottime individualità”.

 

Com’è l’offerta d’itinerari per MTB in Ticino?

“Finalmente da alcuni anni si è iniziato a sistemare e a segnalare sentieri e itinerari. Io abito a Bironico e quindi i miei itinerari sono quelli della Lugano Region, a partire dal Monte Tamaro. Sono i sentieri sui quali mi alleno ogni giorno”.

 

L’aumento dei praticanti della disciplina rischia una difficile convivenza con gli escursionisti?

“Sono un sostenitore del buon senso. Credo che nel 95% dei casi, con le giuste precauzioni, rispettandosi gli uni con gli altri, non ci siano difficoltà nella convivenza negli stessi sentieri. Certo, non si può arrivare a 200 all’ora, magari in punti critici. Per ora è così, ma se la curva dei praticanti continuerà a salire come negli ultimi anni, bisognerà valutare, sugli itinerari più battuti, di riservare dei sentieri ai biker e altri ai camminatori”.

 

Come giudica la diffusione delle mountain bike elettriche?

“Anch’io ho una MTB e-bike e mi piace molto come mezzo alternativo per scoprire al meglio il nostro territorio. In generale grazie alla biciclette elettriche ci sono molte molte più persone che non si sarebbero mai immaginate di salire in cima a certe montagne della zona. Ora invece arrivare in vetta al Monte Bar pedalando è un esperienza praticamente quasi per tutti. L’e-bike è un attrezzo bellissimo, un aiuto tecnologico formidabile, ma chiaramente comporta qualche problema. Chi è neofita della disciplina, non conosce bene il territorio, i percorsi, la tecnica di guida e le sue capacità rischia di impegnarsi in itinerari che non sono alla sua portata e di finire in situazioni rischiose. Perciò è fondamentale puntare sulla sensibilizzazione e su corsi di tecnica e di guida per chi si approccia alla e-MTB”.

 

Un guasto meccanico, ancor più che nel ciclismo su strada, può far perdere una gara di MTB. Come si sono evolute tecnologicamente le MTB?

“Sono mezzi che oggi vanno sempre più veloci in discesa, e questo comporta che è più facile cadere, forare o avere delle rotture meccaniche. Per questo si è lavorato nel trovare un compromesso tra velocità e resistenza. Per esempio, alle Olimpiadi di Londra del 2012 si correva con bici da 8 chili, a Tokyo nessuno di noi aveva mezzi sotto i 10 chilogrammi”.

 

Si può vivere di MTB?

“Sì, non siamo in molti, ma una volta entrati nel circuito professionistico, ci sono diversi marchi che investono nelle squadre”

 

È però un lavoro che non lascia spazio a molto altro?

“Diciamo che la preparazione prevede circa 15-17mila chilometri in sella, cioè circa 800-900 ore l’anno a pedalare. Si esce in bici ogni giorno, spesso anche due volte al giorno”.

 

E nei momenti liberi quali sono le altre passioni?

“Mi piacciono gli sport invernali, e appena finisce la stagione agonistica vado con i miei fratelli e la famiglia a fare windsurf”.

 

Come vede il suo futuro quando finirà la carriera agonistica?

“Mi sono laureato in Economia all’USI due anni fa. Non mi dispiacerebbe un giorno poter mettere insieme gli studi con il ciclismo. È un settore che negli ultimi anni ha generato un grande indotto economico, vedremo…”

Per ora invece i valori che interessano a Colombo non sono quelli di borsa, ma quelli del motto olimpico “Citius, Altius, Fortius” (più veloce, più in alto, più forte), con l’obiettivo di metterli in pratica a Parigi 2024.

Filippo Colombo
Anno di nascita: 1997
Professione: ciclista

Cresciuto a Bironico, piccola frazione del comune di Monteceneri, nel Canton Ticino, si avvicina alla bicicletta grazie alla passione trasmessagli da mamma e zio. Negli anni si specializza nella MTB, vincendo nel 2018 il titolo di Campione del mondo nella staffetta a squadre.
Laureato in Economia all’USI, è attualmente un ciclista professionista in forza alla squadra Q36.5 Pro Cycling Team.

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GLI ITINERARI E I CONSIGLI DELL’UPI

Nel Luganese sono presenti oltre 415 km di itinerari per mountain bike, suddivisi in decine di percorsi con le indicazioni di difficoltà, attrezzatura e preparazione richiesta. Si possono scoprire all’indirizzo internet: www.luganoregion.com/mtb-it

Vale la pena ricordare i 5 consigli principali stilati dall’UPI (Ufficio svizzero per la prevenzione degli infortuni) dedicati a chi si mette in sella a una MTB.


1) Usa il casco, gli occhiali da sport, guanti integrali e le protezione.

2) Scegli un itinerario adatto alle tue capacità

3) Guida in modo concentrato e difensivo

4) Se circoli su strada, renditi visibile agli altri utenti

5) Fai controllare la mountain bike da uno specialista

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