Un po' di pazienza
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Story

Effervescenza moesana

La bottiglia ha la silhouette di quella di una birra d’Alsazia, con il tappo ermetico, a macchinetta, ma il vetro è trasparente per riflettere i vivaci colori del contenuto. Se la immaginate su un tavolo di pietra, sotto una pergola, penserete di essere seduti in una calda giornata d’estate in un grotto del Ticino o del Moesano, in cerca di refrigerio. Stiamo parlando della gazosa, e di una in particolare, che quest’anno compie cento anni. È la gazzosa La Fiorenzana, prodotta a Grono dalla famiglia Ponzio-Tonna, ormai da quattro generazioni.

Una bevanda locale, fatta con acqua di sorgente, che da circa un anno vede alla guida della sua commercializzazione un moesano d’adozione: Peter Pfisterer. Ed è con lui che parliamo di gazose ma anche di come un giovane tedesco finisce in vacanza in Italia e trova una nuova patria ai piedi del San Bernardino. E passa dal gestire una pizzeria, al commerciare raffinato abbigliamento, a girare il mondo e poi a brindare con la gazosa. 

Signor Pfisterer, lei è originario di Heidelberg, ma da oltre 45 anni vive in Mesolcina. Perché questa scelta?

“Per amore. Mi trasferii nel Moesano per seguire la donna che sarebbe diventata mia moglie. Eravamo giovani e ci eravamo conosciuti in vacanza a Lignano Pineta, sull’Adriatico. Mi è andata bene, io non sapevo niente della Mesolcina, ma volevo sapere tutto di lei. Immaginate se lei fosse stata di Novosibirsk…”

 

Che anno era?

“Quando arrivai in Svizzera era il 1975 e avevo studiato da droghiere, ma essendo straniero, all’epoca, non potevo svolgere alcuni mestieri o professioni. Fu così che iniziai a gestire una pizzeria a Lostallo. Il tunnel autostradale del Gottardo non c’era ancora, quasi tutti passavano dal San Bernardino. Ricordo che lavoravamo 20 ore al giorno. Chiudevamo solo 4 ore di notte, giusto il tempo di fare le pulizie”.

 

Poi ha cambiato professione?

“Sì, a inizio anni Ottanta mi sono messo nel commercio d’abbigliamento assieme a un socio. Facevamo arrivare delle campionature pregiate dall’Italia, poi ho avuto diverse esperienze, sempre a livello di responsabile commerciale, e mi sono occupato a lungo del settore degli imballaggi a livello internazionale”.

 

Quando è arrivato a occuparsi di gazose?

“È stato l’anno scorso, nel 2020. Conoscenze comuni mi hanno contattato e mi è stata offerta l’opportunità di svolgere la mia professione alla Ponzio-Tonna di Grono”.

 

E ha detto sì?

“Certo, conoscevo la realtà, perché è un attività storica della valle e mi piace la campionatura”.

 

Con la pandemia, la partenza non dev’essere stata delle migliori.

“Abbiamo investito in un nuovo sito (gazosa-lafiorenzana.swiss, ndr), in una nuova fila di produzione. E siamo rimasti sul mercato, mantenendo le nostre quote. Sono cambiate le proporzioni. Se prima le vendite erano al 70% in bar e ristoranti e il 30% nei negozi, ora è più o meno il 60 nei negozi e il 40 nei ristoranti. La gente ha continuato a sceglierci anche se i locali erano chiusi”.

Sono più di 45 anni che vive nella Svizzera italiana, le manca qualcosa di Heidelberg e della Germania?

“No. A 18 anni andai per un periodo in Francia, poi venni in Mesolcina. Non ho mai sentito il desiderio di tornarci”

 

E quando è via dalla valle, cosa le manca?

“In passato per lavoro ero spesso in giro per fiere ed esposizioni, quando tornavo in valle mi sentivo rincuorato perché trovavo persone amiche, franche, sincere, quelle con le quali puoi parlare e scoprire i veri valori”.

 

Visto che ha viaggiato spesso, come giudica la Mesolcina rispetto ad altre realtà? 

“Ha grandi potenzialità e se ci si mettesse d’accordo più facilmente, si potrebbero realizzare molti interventi significativi. Se penso a realtà analoghe, come la val Poschiavo, hanno una marcia in più rispetto al Moesano”.

 

Torniamo alle gazose, ha una sua ricetta per impiegarle in modo diverso?

“Io amo molto utilizzarle per realizzare il blu mojito, usando al posto del seltz la gazosa al mirtillo, oppure il brown mojito, in questo caso si mette la gazosa al chinotto. Per equilibrare il cocktail occorre, però, mettere un po’ meno zucchero della normale ricetta”.

Quella di Peter Pfisterer e della gazosa prodotta da Ponzio-Tonna è una storia che racconta come il fascino della tradizione e la forza del territorio abbiano incontrato la passione di scegliere casa dove batte il cuore. 

Beh, siete pronti a pestare il ghiaccio e a stappare la Fiorenzana per provare il cocktail di Peter?

 

 

Peter Pfisterer
Anno di nascita: 1953
Professione: responsabile commerciale

Originario della tedesca Heidelberg, si trasferisce nel Moesano, per amore, nel 1975. Dopo aver gestito fino al 1979 una pizzeria a Lostallo, si dedica ad attività commerciali, specializzandosi nel settore vendite. Dal 2020 è responsabile commerciale dell’azienda Ponzio Tonna.

 

HEIDELBERG

Sulle rive del fiume Neckar, nel nord del Baden Wurttemberg sorge la città di Heidelberg. Celebre per il suo castello, è un centro industriale di circa 160mila abitanti. Un quinto circa dei residenti sono studenti. Ospita, infatti, la sede della più antica università tedesca (che vide anche l’insegnamento del filosofo Hegel) e fu uno dei maggiori centri del Romanticismo tedesco.

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Storia della gazosa

La storia della gazzosa di Grono ha inizio nel 1921, quando Francesco Tonna, detto Cècch, vi trasferisce da Mesocco la produzione di seltz, quest’ultima scomparirà negli anni, mentre si affermerà sempre più quella di gazosa. Dal carretto con il quale Cècch percorreva le strade della Mesolcina per servire i grotti con le sue bevande, di tempo ne è passato, e l’attività si è sviluppata con Mario Ponzio, che sposò la figlia di Francesco, Matilde Tonna, e poi con il loro figlio Orlando e il nipote Fabrizio. Quattro generazioni alla quale potrebbe presto affiancarsi una quinta: Ivan, figlio di Fabrizio. Anche lui sente il richiamo della tradizione avendo scritto la sua tesi per la maturità proprio sulla gazosa La Fiorenzana, riportando aneddoti sulla produzione di cent’anni fa.   Scrive Ivan: “Il funzionamento della macchina del Seltz era molto semplice quanto pericoloso. La bottiglia veniva capovolta all’interno del macchinario.

Tramite il peso della bottiglia stessa e schiacciando il pedale posto in basso, il beccuccio della bottiglia si apriva, lasciando entrare acqua e anidride carbonica alla grande pressione di 6.5 atmosfere. Il riempimento, a causa dell’enorme pressione, era diviso in due fasi dato, che era impossibile riempire la bottiglia in una volta sola. Perciò prima si riempivano i primi due terzi della bottiglia, poi, tramite un piccolo canale, si lasciava uscire l’aria in eccesso, potendo così riempire la bottiglia fino al restante terzo. Il pericolo maggiore era dovuto alla pressione esercitata sulla bottiglia, che nonostante il suo grande spessore, rischiava comunque di esplodere. Per ovviare a questo problema fu costruito un contenitore che avvolgesse la bottiglia al momento del riempimento».

Il simbolo
La Fiorenzana prende il nome dell’omonima torre che sorge alle spalle dello stabilimento Ponzio-Tonna. È l’edificio più antico di Grono e risale al 1286, nel XIV secolo risultava proprietà dei de Sacco, all’epoca i signori della Mesolcina. Attualmente è proprietà del Museo Moesano, restaurata a fine Novecento, è visitabile da aprile a ottobre ed è spesso scenografia ideale di mostre d’arte.

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